l'incantesimo delle parallele ci ha guidato ignari, al di qua o al di là del fiume, coi polmoni zeppi di foglie secche. e le altre ancora sugli alberi color sangue che ridevano convulse degli ultimi soli. ho sparso i miei e i tuoi sguardi sul Po come fossero ceneri, anime arse da refrigerare. l'abbaglio di sentirsi più consistenti dei riflessi smaglianti della Grande Madre sull'acqua. ma che cosa ci resta dei temporali se non le pozzanghere. stasi.
metterti le lacrime tra le ruote.
giuro che se te ne vai così ti rubo la bicicletta,
se mi lasci così a stemperarmi sotto sta pioggerellina irritante snebbiata e svogliata mi metto a soffiare così forte da dileguare tutte le luci, da spazzare via i contorni dei portici;
e non mi fermerò finchè a forza di spolmonarmi non avrò sputato via anche l'ultimo dente, a cui hai già cavato molti dei pretesti per smagliarsi ancora in sorrisinutili
(poi giù a ricacciarmeli tutti dentro in ordine sparso, i dentacci, già mi vedo.)
esondiamo d'entusiasmo compagni
ci vediamo stasera, a saturare di fiato e di fumo l'aulatrè, e a fendere poi la bruma che ingrasserà nello spazio fra i nostri orecchi con parole arrugginite con parole maltagliate da lame corrose
e quando m'hai detto
hai presente quella foto famosa del maggio francese
veramente no
allora apri le gambe.
lunedì 5 gennaio 2009
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