giovedì 30 luglio 2009

"è la vita, è che siamo stelle, è che siamo miseri"

La pianura è un intervento a cielo aperto, e il regionale che mi riporta a casa è un bisturi impassibile che le squarcia il petto. E lei, sotto i ferri dei binari arroventati, tace al dolore; imperterrita cinge i fianchi e alita sul collo a chi la vive, ogni giorno. Ma io torno. I miei occhiali da sole s'ingoiano i chilometri che s'accumulano tra me e te. E il tuo odore viaggia con me, intride le tendine, la stoffa blu dei sediliscomodi. E' una ditata sui finestrini.
E' che se non smetto di ripensarci mi distruggerò le labbra.

Ti chiederei di appendermi al soffitto, o di stendermi a pennellate sul muro, perchè, non vedi? sto perdendo consistenza. Svaporo. Mi vedo scorrerti in rivoli giù dalla schiena, imperlarti le tempie di parole. Io sono sguardo, e nient'altro. Tutto il resto è sudore. Crampi allo stomaco e vene in piena, e stupore.

Finirò col devastarmi le labbra.

Mi manca il tuo spazzolino da denti, il succo d'ananas che non giro mai, tormentarti i capelli, il rumore delle ossa, l'alba dalla finestra di camera tua

scavarti mappe sulle guance e poi dirti

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1 commento:

Lela Sakatoshi ha detto...

mi piace quello che scrivi e mi piace come lo scrivi, complimenti