venerdì 26 dicembre 2008

d'un fiato pt1

Erano gli ultimi rugginosi goccioloni d’estate quelli che m’imperlavano la fronte le sere che t’afferravo per la manica e ti strattonavo e che puntandoti gli occhi ti sibilavo per favore sgusciamo via da sta città, dileguiamoci prima che mi sbrani davvero la voglia di disintegrarla sampietrino per sampietrino, senti mi devo sbollire, ho il pieno e mezza canna, andiamocene al mare. Tu aggrottando le sopracciglia brune scolavi il martinibianco, senza una smorfia smollavi il bicchiere sul bancone dietro i gomiti impassibili dei soliti, e in mezzo all’afa scialba di disocorsi riciclati m’hai detto andiamo.
montavamo sull’auto di mia madre e mi sentivo già meglio mano a mano che ci scostavamo dal maledetto bar della maledetta piazza del maledetto paese accelerando lisci sul grigiasfalto.
e gli addii che coltivavamo in segreto si fecero gabbiani a settembre, sfondarono le ante degli armadi in cui li tenevamo nascosti e ci sorvolarono, ci sfiorarono, c'incresparono l'anima. c'afferrarono per i capelli e ci sparpagliarono per il mondo scaraventandoci nei labirinti dei racconti di Borges. con gomitoli ryanair intesseremo reti di sogni virtuali su cui proiettare le nostre vite parallele. i'll be your mirror. i'll be your mirror. caro amico, carissimo amico t'ho scritto di sbieco l'italia ci sta sporcando di fango le scarpe nuove e non va bene per niente, occupare il 38 di via zamboni sarebbe un po' come manifestare in piazza tienanmen mi bruciano gli occhi a forza di tenerli aperti. bologna ristagna fuorifuoco come il residuo di un sogno appena usciti dalla stazione, e tondelli riesce sempre a sorprendermi e a camminarmi a fianco fino in piazza verdi. ed era troppo che non vedevo così tanto cielo tutto assieme. passerò un pomeriggio intero a respirare al ritmo del mare quando tornerò a casa. siamo sempre fuori a suonare.
ci scommetti, indosserò i miei migliori vestiti autunnali per arrancare manintasca d'affanno in stazione che come sempre sono in ritardo, io e poche cose infilate a caso nella custodia della chitarra. mi farò precipitare nello stomaco le ennesime tonnellate di binari ferrosi sbranati da un regionale snervante e atterrerò sui tuoi occhi, porta nuova sembrerà un'astronave.

domenica 28 settembre 2008

gli addii sono gabbiani

e la notte ci svegliò coi suoi singhiozzi, una tempesta vischiosa di lacrime nero pece.

a questa canzone ci teniamo particolarmente perchè parla di tutte quelle volte in cui
sembra non debba più smettere di piovere.

e si fa l'alba al di là dei finestrini dell'autobus per alicante. pensavo a quando ti dedicavo ogni caffè delle mattinate al liceo. e tutte le punte delle matite che spezzavo.
vedi? ce ne stiamo andando
tutti
come abbiamo sempre desiderato.
qualcosa legherà insieme, prima o poi, i lacci delle scarpe dei nostri destini, facendoci sbattere di nuovo l'uno contro l'altro.

questo posto dimmerda non ci dimenticherà mai

lunedì 14 luglio 2008

la misura dell'oceano

le mie ossa scomposte sono relitti sui fondali dei tuoi sguardi. i rami della nostra memoria lucidi stillano pioggia
da mesi ormai, da secoli ormai

e le gocce scavano le frane, le frane dei nostri giorni passati, cumuli di detriti e impressioni sabbiose ai notri piedi.
benzina a pennellate sull'asfalto, segna la strada da centochilometri, ma tu nullla, non mi vedi arrivare.
ti girasti di scatto verso il finestrino, gli occhi al cielo. s'accumulavano sopra di noi nuvole blande come cani stanchi, e mi dicesti
ma della pioggia c'è solo l'odore.

mercoledì 25 giugno 2008

sarà stato come non vivere un giorno

piangeremo tutto in una volta. e le lacrime rimarranno in aria sospese fino a saturarla, come appese ad una ragnatela d'umidità polareartica e fumi di scarico. terse nel sole freddissimo. acuminate come un siminoresettima da un fender valvolare. sarà in un attimo che diventeranno giallo pallido, milioni di gocce di limone a farci bruciare i tagli microscopici sotto i piedi sul ventre sulle parole che stringiamo tra i denti.
precipiteranno tutte in una volta. sarà lì che tenteremo di coprirci gli occhi con l'avambraccio. imploderà nello stomaco l'attesa. l'anima alla gola. il battito calciato via. le vene in fermoimmagine. a immaginare gli schizzi citricoacidi.

e cosa importa che accadrà dopo, cosa-vuoi-che-importi.
al massimo
dici tu
sarà stato
sarà stato come

ma che cosa mai vuoi che importi

dormivi così bene che mi dispiaceva svegliarti. con tutta la paura che ho di addormentarmi accanto a te. ti ho tolto le scarpe e ho parlato di te alla notte e al cielo traforato di stelle fino a farli arrossire e dileguarsi.

martedì 24 giugno 2008

"le grandi gelaterie di lamponi che fumano lente"

col vento che si fuma i nostri giornie ne trascina le cicche svogliato in rantoli di foglie stinte e di polvere sfinita dal caldo. che ci sfiata il fumo in faccia e c'ingrigisce le narici, la gola, lo sguardo,, e c'impiglia fra le ciglia i granelli catramosi dei ricordi caduti dal pacchetto. distributori automatici per tutte le ore di luce in più che ci servono. grandi campi fertili in cui sputare le ossa delle giornate spolpate, sperando che attecchiscano, e che poi ne cresca qualcosa, che magari si possa fumare. Grandi spazzolini e filo interdentale per lavare e scrostare via le disillusioni le attese recise e tutte le sospensioni prima che c'intacchino lo smalto dei denti.

mangiavamo chili di cocomero con i cucchiaini di plastica e lasciavamo sulla piazza laghi rosa pieni di semi, e con le bucce ci hai fatto un paio d'occhiali da sole.

venerdì 13 giugno 2008

puoi colpirmi quante volte vuoi

Caroline says, as she gets up off the floor
why is that you beat me
it isnt any fun?
Caroline says, as she makes up her eyes
you ought to learn more about yourself
think more than just i
But shes not afraid to die, all her friends call her alaska. When she takes speed, they laugh and ask her what is in her mind.

what is in her mind

Caroline says, as she gets up from the floor
you can hit me all you want to
but I dont love you anymore

Caroline says, while biting her lip
life is meant to be more than this
and this is a bum trip.

But shes not afraid to die.

She put her fist through the window pane, it was such a funny feeling.
Its so cold in alaska

mercoledì 11 giugno 2008

di quando Burroughs arrivò alla fine delle parole pt1

con gli occhi appannati te ne stavi chino su un foglio ingiallito ad alitare parole pesanti mentre il respiro della luce si faceva più roco e si affievoliva. ti portarono un bicchiere consunto colmo di un liquido ambrato che bevesti d'un sorso. e la luce continuava a tossire a sputacchiare a consumarsi. qualcuno fece cadere un bicchiere. il clangore gelò il pianista. le dita si fermarono. ti alzasti. sul foglio scrivesti solo "che a ciascuno sia permesso di vedere cosa c'è in cima alla propria forchetta"

martedì 3 giugno 2008

i morti per nebbia

si vedeva da come si mordeva il labbro inferiore che non sapeva se augurarsi di incontrarti oppure no, ma
intanto si trascinava malconcio come un avanzo di nebbia tra i fasci di luce polverosi dei fari delle macchine che gli ronzavano a fianco.
poi all'angolo sei sbucata tu, inesorabile, e lui è rimasto a bocca aperta, col labbro che ormai gli sanguinava. Che si era tagliato i capelli per eliminare ogni traccia di te, che sarebbe anche sgusciato via dalla propria pelle se solo avesse potuto servire a qualcosa ma invece no
eri di nuovo lì a recidergli il fiato a fargli suicidare in massa i globuli rossi, a sfregargli con lo sguardo la pelle, che era buccia di limone, che era lamiera rovente.
lui che
era un mulinello di polvere,
che
avresti potuto dileguare con un soffio,
con la distrazione di uno starnuto.

e quando ti ha chiesto con voce franta
“come hai potuto trovarmi come
hai potuto riconoscermi”
tu gli hai risposto con la coda dell'occhio
“ti ho sentito arrivare
non potevo non riconoscere il rumore del tuo camminare
poteva essere solo tuo il passo
il passo leggero dei sopravvissuti”

venerdì 30 maggio 2008

"se me lo chiede con quegli occhi non mi riuscirà di dirle no"

E verrà il giorno in cui davvero cancelleranno tutte le corse dei treni regionali. Potrei ricostruire anni interi della mia vita mettendo insieme i vecchi biglietti dei treni e degli autobus che prendevamo, che rincorrevamo sotto la pioggia. Che mi portavano da te scaraventata in un'umanità esotica, ai margini. Come ai margini dei sogni stavamo io, te, il nostro amore e le nostre scarpe sdrucite. Incontrarti alla stazione, immaginare i tuoi contorni stagliarsi tra la nebbia che si trascina esausta nelle settequaranta di mattina della SS16. Fuggire da scuola e dai cieli plumbei di fine settembre che erano troppo bassi, troppo bassi, e ci sbattevamo la testa. La voce preregistrata della tim mi dice che non rispondi. Hanno cambiato i biglietti degli autobus da quando ho preso la patente.
Quanta quiete trovavo nel viaggiare e nelle tue mani che si ubriacavano delle mie lacrime.
Eppure certe sere mi è sembrato di scorgerti con la coda dell'occhio, ma ti ho perso inesorabilmente nella confusione. Che tanto le parole non sarebbero servite, mi sarebbero franate dalle labbra, assieme ai denti, ai battiti del cuore, alla saliva, alle intenzioni.
e questo sputo di mondo saprebbe raccontarmi meglio di qualunque altra cosa, le saracinesche dei negozi, le cicche spente tra i sampietrini, la condensa sulle vetrine, le suole delle vostre scarpe, i palmi umidi delle vostre mani, i bicchieri sporchi dimenticati sui tavoli.

e faremo colazione telematicamente, nella luce polverosa di un'alba stropicciata, nel pallido bar della stazione di una qualche fermata intermedia di quelle che non ti immagineresti mai.

giovedì 29 maggio 2008

mentre nick drake suona pink moon dal tetto più alto

l'inchiostro al limone delle mie parole
che intingo dalle lune che ingoio a ogni tramonto. lune d'inchiostro per scrivere di queste notti. per lasciare solchi sulle coltri di buio che ci impolverano e ci fanno tossire. parole che sono nuvole gonfie di pioggia pronte a esplodere torrenziali.

con i grumi di sonno che ho appesi alle ciglia, conto i centosessanta caratteri che ho a disposizione per celebrare la sacralità della tua assenza, codificata in pixel, e dei grovigli di chilometri scivolosi e stellati che ci dividono, che ci schiudono le labbra.

-e i mucchi di verbatim anonimi mi affollano ancora la scrivania-

inchiostro al limone per parole che si possono leggere soltanto se si sa come dosare la luce, che è labile, che è rara. inchiostro al limone per parole dissolte bollite disinfettate. spremute dai peggiori acidi dei nostri stomaci nauseati. per parole che liberano il loro odore sincero, disarmante proprio quando le difese si abbassano. quando i miei occhi si allagano e rompono gli argini

i tuoi sguardi emostatici

emostatici