mercoledì 25 giugno 2008

sarà stato come non vivere un giorno

piangeremo tutto in una volta. e le lacrime rimarranno in aria sospese fino a saturarla, come appese ad una ragnatela d'umidità polareartica e fumi di scarico. terse nel sole freddissimo. acuminate come un siminoresettima da un fender valvolare. sarà in un attimo che diventeranno giallo pallido, milioni di gocce di limone a farci bruciare i tagli microscopici sotto i piedi sul ventre sulle parole che stringiamo tra i denti.
precipiteranno tutte in una volta. sarà lì che tenteremo di coprirci gli occhi con l'avambraccio. imploderà nello stomaco l'attesa. l'anima alla gola. il battito calciato via. le vene in fermoimmagine. a immaginare gli schizzi citricoacidi.

e cosa importa che accadrà dopo, cosa-vuoi-che-importi.
al massimo
dici tu
sarà stato
sarà stato come

ma che cosa mai vuoi che importi

dormivi così bene che mi dispiaceva svegliarti. con tutta la paura che ho di addormentarmi accanto a te. ti ho tolto le scarpe e ho parlato di te alla notte e al cielo traforato di stelle fino a farli arrossire e dileguarsi.

martedì 24 giugno 2008

"le grandi gelaterie di lamponi che fumano lente"

col vento che si fuma i nostri giornie ne trascina le cicche svogliato in rantoli di foglie stinte e di polvere sfinita dal caldo. che ci sfiata il fumo in faccia e c'ingrigisce le narici, la gola, lo sguardo,, e c'impiglia fra le ciglia i granelli catramosi dei ricordi caduti dal pacchetto. distributori automatici per tutte le ore di luce in più che ci servono. grandi campi fertili in cui sputare le ossa delle giornate spolpate, sperando che attecchiscano, e che poi ne cresca qualcosa, che magari si possa fumare. Grandi spazzolini e filo interdentale per lavare e scrostare via le disillusioni le attese recise e tutte le sospensioni prima che c'intacchino lo smalto dei denti.

mangiavamo chili di cocomero con i cucchiaini di plastica e lasciavamo sulla piazza laghi rosa pieni di semi, e con le bucce ci hai fatto un paio d'occhiali da sole.

venerdì 13 giugno 2008

puoi colpirmi quante volte vuoi

Caroline says, as she gets up off the floor
why is that you beat me
it isnt any fun?
Caroline says, as she makes up her eyes
you ought to learn more about yourself
think more than just i
But shes not afraid to die, all her friends call her alaska. When she takes speed, they laugh and ask her what is in her mind.

what is in her mind

Caroline says, as she gets up from the floor
you can hit me all you want to
but I dont love you anymore

Caroline says, while biting her lip
life is meant to be more than this
and this is a bum trip.

But shes not afraid to die.

She put her fist through the window pane, it was such a funny feeling.
Its so cold in alaska

mercoledì 11 giugno 2008

di quando Burroughs arrivò alla fine delle parole pt1

con gli occhi appannati te ne stavi chino su un foglio ingiallito ad alitare parole pesanti mentre il respiro della luce si faceva più roco e si affievoliva. ti portarono un bicchiere consunto colmo di un liquido ambrato che bevesti d'un sorso. e la luce continuava a tossire a sputacchiare a consumarsi. qualcuno fece cadere un bicchiere. il clangore gelò il pianista. le dita si fermarono. ti alzasti. sul foglio scrivesti solo "che a ciascuno sia permesso di vedere cosa c'è in cima alla propria forchetta"

martedì 3 giugno 2008

i morti per nebbia

si vedeva da come si mordeva il labbro inferiore che non sapeva se augurarsi di incontrarti oppure no, ma
intanto si trascinava malconcio come un avanzo di nebbia tra i fasci di luce polverosi dei fari delle macchine che gli ronzavano a fianco.
poi all'angolo sei sbucata tu, inesorabile, e lui è rimasto a bocca aperta, col labbro che ormai gli sanguinava. Che si era tagliato i capelli per eliminare ogni traccia di te, che sarebbe anche sgusciato via dalla propria pelle se solo avesse potuto servire a qualcosa ma invece no
eri di nuovo lì a recidergli il fiato a fargli suicidare in massa i globuli rossi, a sfregargli con lo sguardo la pelle, che era buccia di limone, che era lamiera rovente.
lui che
era un mulinello di polvere,
che
avresti potuto dileguare con un soffio,
con la distrazione di uno starnuto.

e quando ti ha chiesto con voce franta
“come hai potuto trovarmi come
hai potuto riconoscermi”
tu gli hai risposto con la coda dell'occhio
“ti ho sentito arrivare
non potevo non riconoscere il rumore del tuo camminare
poteva essere solo tuo il passo
il passo leggero dei sopravvissuti”