martedì 3 giugno 2008

i morti per nebbia

si vedeva da come si mordeva il labbro inferiore che non sapeva se augurarsi di incontrarti oppure no, ma
intanto si trascinava malconcio come un avanzo di nebbia tra i fasci di luce polverosi dei fari delle macchine che gli ronzavano a fianco.
poi all'angolo sei sbucata tu, inesorabile, e lui è rimasto a bocca aperta, col labbro che ormai gli sanguinava. Che si era tagliato i capelli per eliminare ogni traccia di te, che sarebbe anche sgusciato via dalla propria pelle se solo avesse potuto servire a qualcosa ma invece no
eri di nuovo lì a recidergli il fiato a fargli suicidare in massa i globuli rossi, a sfregargli con lo sguardo la pelle, che era buccia di limone, che era lamiera rovente.
lui che
era un mulinello di polvere,
che
avresti potuto dileguare con un soffio,
con la distrazione di uno starnuto.

e quando ti ha chiesto con voce franta
“come hai potuto trovarmi come
hai potuto riconoscermi”
tu gli hai risposto con la coda dell'occhio
“ti ho sentito arrivare
non potevo non riconoscere il rumore del tuo camminare
poteva essere solo tuo il passo
il passo leggero dei sopravvissuti”

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